L’ombra perfetta – KE

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Ombra, colore, spazio, architettura, natura.

Opificio #ombra #colore #natura

Questi i temi che giovedì 13 ottobre abbiamo affrontato insieme a KE in Fondazione. Abbiamo deciso di articolare la nostra giornata come una linea del tempo: dal passato, visto attraverso l’archivio della Querini, al futuro, attraverso le parole dei nostri relatori.

Angela Munari, bibliotecaria della Fondazione, ha aperto le danze con una selezione di materiali attorno ai temi di ombra e colore, lasciando a bocca aperta i nostri ospiti. Da un lato l’ombra, nel rapporto tra uomo e natura nei secoli scorsi: dal velarium del Colosseo, alle architetture effimere delle parate civili e religiosi della vita della Serenissima;. Dall’altro lato il colore, nei molteplici significati che in tempi, ambiti e luoghi diversi ha assunto: dai libri d’ore alla cartografia, dalla moda all’araldica.

In seguito a questo tuffo nel passato ci siamo spostati in Auditorium. Dopo i saluti e il benvenuto di Marigusta Lazzari, direttore della Fondazione, e Emanuela Barbieri, responsabile marketing di KE, la parola è passata ai nostri tre relatori: Robby Cantarutti, architetto, designer e direttore artistico di KE; Antonella Bertagnin, che definisce sé stessa una strega; e Mirella Becucci, esperta tecnica, ricercatrice e consulente per sportswear e wearable technology.

Il primo a prendere la parola è stato Robby, che inizia il suo intervento riconoscendo una necessità: abbiamo un grande bisogno di entrare in contatto con la natura. Questa situazione comporta un cambiamento importante nel rapporto uomo/natura: a questa mutazione deve adattarsi anche l’architettura.

Tradizionalmente l’architettura risponde al bisogno di creare un involucro al cui interno l’uomo vive. L’edificio è quindi un limite, una soglia che separa dentro e fuori, chiuso e aperto. Ora però questa struttura sedimentata nei secoli entra in crisi: il guscio dell’edificio, chiudendo e proteggendo le persone che abitano l’interno, preclude però la relazione con l’esterno.

In ogni architettura però è fondamentale una percentuale di apertura: porte e finestre sono la parte mobile del confine dentro/fuori. E le finestre, con il tempo, aumentano di numero e dimensione: l’esterno inizia in questo modo ad entrare negli spazi. È il momento di cambiare il vocabolario architettonico con cui siamo abituati a lavorare: se l’involucro si smaterializza, cessa di esistere. Il nuovo paradigma non è più quello della villa, ma quello del padiglione: un soffitto, due pareti e un’apertura verso l’esterno filtrata dal verde, dalla natura.

Nella casa tradizionale questa necessità di apertura, non potendo spesso stravolgere la struttura pre-esistente, si muove in due forme: tramite annessione, quindi ampliamento degli spazi con nuovi spazi ibridi, aperti alla natura; o tramite inclusione, in chiostri o altri spazi che diventano luoghi anche in questo caso luoghi in cui esterno ed interno si uniscono e confondono.

Robby conclude il suo intervento e passa il testimone ad Antonella con una riflessione, che ricongiunge il discorso architettonico con il tema della giornata, quello dell’ombra: 

“L’architettura si legge dalle ombre e si legge dalle luci. Non esiste un’architettura buia: non si può leggere lo spazio senza le ombri che si appoggiano alle strutture.”

L’inizio dell’intervento di Antonella ci porta subito in un contesto quasi di sogno, citandoci un estratto del romanzo di Adalbert Von Chamisso, “La meravigliosa storia di Peter Schlemihl”: questo libro racconta la storia di un uomo che vende la propria anima al diavolo in cambio di grandi ricchezze, salvo poi accorgersi (come accade in questi casi) di aver fatto un piccolo errore di valutazione.

Antonella, che definisce se stessa una strega, è in realtà una trend forecaster: il suo lavoro consiste nel proiettare il suo sguardo al futuro, prevedendo tramite ricerca, analisi e approfondimento quelli che saranno i trend dei prossimi anni. In questa mappa che ci porta al futuro, il colore agisce come una sorta di bussola, è un immancabile strumento di comunicazione. Attraverso una selezione di casi, esempi e “puntini che vanno collegati” Antonella ci accompagna nel suo processo raccontandoci di ombra e colore.

Iniziamo dall’ombra: nel romanzo di Von Chamisso il protagonista capisce che, privatosi dell’ombra, è diventato invisibile. Come Robby ci ha raccontato per le architettura, anche per gli uomini l’ombra è un elemento identitario, che definisce. Uno dei primi esempi che viene in mente a molti è quello di Platone, della caverna in cui le ombre sono la rappresentazione di un mondo falso, illusorio: solo volgendoci alla luce possiamo giungere alla comprensione della realtà.

L’ombra è la metafora dell’immaginazione, la luce ciò che disegna e rende riconoscibile la realtà.

L’ombra o la sua assenza sono un elemento che definisce: per Mario Peliti, le cui foto sono state oggetto dell’esposizione Hypervenezia a Palazzo Grassi, la fotografia è la ricerca dell’ombra perfetta. Nel suo caso l’ombra perfetta è quella non proiettata, del sole allo zenit. Ombra e colore sono in dialogo in ogni progetto di design, cinema, architettura, fotografia e, in generale, in tutto ciò che riguarda ciò che è pensato per essere visto. Allo stesso modo ogni progetto è composto da due componenti: quella emotiva e quella razionale. Utilizzando questa lente anche il colore può essere letto nei due modi: da un lato quello più tecnico e analitico, dall’altro quello emozionale.

L’ombra è comunemente immaginata come un luogo senza colore, quando in realtà è frutto della somma di molte sfumature: contiene i colori della materia che ne determina la forma, della luce che colpisce l’oggetto o la persona, della superficie su cui è proiettata, e in parte il suo complementare, e infine una parte di ciano. Luce, colore e materia sono quindi ingredienti fondamentali dell’ombra perfetta. Un’esperto di ombre è sicuramente il pittore Edward Hopper, ombre e colori che scolpite, vibranti, catturano l’osservatore e gli trasmettono emozioni, drammaticità. Nelle opere di Hopper, ma di molti altri artisti, cogliamo l’importanza nel racconto di colori, luci e ombre, il loro ruolo nel creare narrazioni e storie.

La percezione del colore è un fenomeno soggettivo, ma la maggior parte delle persone ha una percezione cromatica simile. Le differenze percettive non sono solo tecniche, ma anche emotive, legate a stato d’animo e esperienze di ciascuno. Anche per questo sarebbe possibile tracciare una linea del tempo del nostro passato, come individui e come specie, selezionando un colore per ogni momento della vita o della storia.

E il futuro del colore? Ce lo anticipa Antonella, raccontandoci il rapporto tra digitale e fisico in questo specifico ambito, dal metaverso al gaming. Il colore del futuro invece ce lo racconta Mirella Becucci, a partire dall’operato dell’associazione Color Coloris, di cui lei e Antonella sono socie, che si occupa di pensare e prevedere i colori con 24 mesi di anticipo. Color Coloris è parte di una rete internazionale, che coinvolge 19 stati da oriente e occidente e nell’ultimo incontro, presentando i colori per il 2024 ha portato avanti una scelta radicale.

In questo caso però, non ti vogliamo rovinare la sorpresa, se non c’eri durante L’ombra perfetta dovrai aspettare il 2024 per immergerti anche tu in questo mondo.

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